giovedì 25 marzo 2010

Recensione su IndieHorror


In un teatro – il Museum of Wonders – sospeso a metà tra la vita reale e il sogno, troviamo lo specchio delle nostre stesse vite, troviamo la farsa delle nostre più grandi paure. Quali spettatori di vanità e orrori, ridiamo, ci meravigliamo, ci disgustiamo di nani, storpi, ballerine, divi, e altri personaggi che ruotano all’interno di questo luogo lontano dal consueto senso del pudore. Forse non rideremmo più con tanto gusto se pensassimo, per un secondo, che quelle mascherine, quei personaggi, siamo noi stessi nella vita di tutti i giorni.
Il nostro sorriso smagliante, attenuerebbe lentamente la propria luce fino a spegnersi nel buio profondo della consapevolezza di far parte di un gioco più grosso di noi, un teatro chiamato società, e di recitarvi, troppo spesso, inconsapevolmente.
Diciamo subito che questo non è un film horror.
Sarebbe inutile e alquanto improduttivo addentrarsi nella mera ricerca di un genere, un’etichetta da affibiare all’opera di
Domiziano Cristopharo, invece possiamo goderci questi quasi110 minuti di pellicola appendendo, per un attimo, le nostre molpeplici maschere del quotidiano, vivendo un’esperienza al di là dei pregiudizi.
Quale modo migliore se non la scelta di non-scegliere un genere cinematografico al quale appartenere, per trattare il tema della diversità e del pregiudizio?

Perciò entrate vi prego! Ed abbandonate le vostre stupide paure, sono inutili, non vi servono.
Lasciatevi cullare dalla fotografia, di
Giuseppe Pignone, capace di dipingere le sequenze del film come quadri, virando i colori dal blu tenue e soffuso di un bar (dove le persone perbene consumano la propria esistenza) fino ad arrivare al rosso più deciso e sanguinolento, tipico delle pellicole di Cristopharo, che non rinuncia mai a quel Grand Guignol a lui caro (echi di House of flesh mannequins). Usate i vostri sensi sopiti da un lungo letargo, fatto di immagini senza senso che il mondo quotidiano ci propina.
Disintossicatevi da queste ascoltando le parole di Elio Mancuso che legano tra loro i personaggi bizzarri che popolano il teatro-museo degli orrori del quotidiano. Chiedetevi per un attimo: chi sono i veri spettatori? Siamo noi che guardiamo loro? O forse sono loro che ci osservano, ci giudicano avendo la possibilità di vederci tutti insieme, raccolti in una sala cinematografica?
Il montaggio di
Giuseppe Petruzzellis non solo fa da collante alle immagini più provocatorie e scioccanti, ma mescola sapientemente stili e generi cinematografici diversi tra loro (degna di nota, a tal proposito, la citazione del cinema muto anni ‘20). Tutto ciò sempre e solo ad un unico scopo: stupire. Lo spettatore ha l’illusione di comprendere, con la logica, quanto assimilato dai propri sensi, ma solo un attimo, giusto il tempo necessario per rendersi conto che tutto ciò è pura illusione.
Un po’ di freddi numeri conviene farli, anche se il numero, col suo cinismo, non detiene la dimensione reale dello sforzo, di quanto lavoro ci sia dietro un progetto, un sogno, un’ambizione.
27.000 euro sono una cifra ridicola per un film; ai giorni nostri non basterebbero nemmeno per pagare qualche volto noto del cinema italiano.
Nomi del calibro di
Maria Rosaria Omaggio, Venantino Venantini, Giampiero Ingrassia (dal sottoscritto molto apprezzato), Maria Grazia Cucinotta, Elda Alvigini, Yvonne Sciò, Fabiano Lioi invece, hanno accettato di prendere parte a questo progetto rinunciando al proprio caché, come tutto il resto del cast, lasciandosi trasportare dal puro e semplice amore per l’arte.
Proprio come l’ha definito Francesco Venditti, tra i protagonisti dell’opera, questo non è un low-budget movie ma unlove-budget movie, per sottolineare quanto sacrificio e amore ci voglia per condurre un’esistenza votata all’arte.
Tra gli artisti, alla primissima esperienza sul set, troviamo
Valentina Mio, che sicuramente rivedremo presto sugli schermi, Nancy de lucia, Adele tirante, Valerio Morigi.
The Museum of Wonders è la dimostrazione che si può ancora stupire il pubblico senza sfoggiare cifre da capogiro, riprendendo un filone, un’eredità storico-culturale lasciata da coloro che hanno dato lustro, neanche troppo tempo fa, al cinema italiano.

La vita è come un libro sfogliarne le pagine in ordine significa viverla, sfogliarle a caso significa sognarla!

VOTO: 8/10

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